martedì 25 gennaio 2011

Vallanzasca- Gli Angeli del Male: Dress Code! Il Vintage veste il cinema. Parte II.

Il Vintage lavora per il cinema?
Alla vigilia di Vintage Selection n.17 che aprirà domani 26 gennaio alla Stazione Leopolda di Firenze vogliamo offrire uno spunto di riflessione su come la cultura Vintage non possa essere più considerata “nicchia del fashion”solo per gli appassionati.

Chi veste gli attori dei film e soprattutto come?
La preparazione di un film non é mai semplice. Sentiamo spesso parlare di plot, regia, dialoghi, interpreti, scenografie, sottovalutando spesso il fondamentale ruolo svolto dai costumisti, figure originali che restano fuori dalle luci della ribalta e che, invece, contribuiscono così tanto al successo dei personaggi.


Che cosa fa esattamente il costumista?
Roberto Chiocchi, costume designer di Vallanzasca – I fiori del male, racconta le vicissitudini
della preparazione del film.

“Io (Roberto Chiocchi,) e le mie due assistenti, Ingrid Pastore e Luciana Malacarne abbiamo passato due mesi e mezzo nella Biblioteca comunale di Sormani di Milano, consultando quotidiani e periodici di attualità e cronaca dal 1969 al 1986...abbiamo visionato anche filmati dell'archivio RAI sulla vicenda della banda Vallanzasca e l'archivio storico fotografico Condenast per l'aspetto di vita mondano-sociale dell'epoca...Gli spunti più interessanti li abbiamo trovati tra le foto e gli articoli pubblicati su Gente, l'Europeo, L'Illustrazione italiana, Amica e Annabella. Queste foto ci mostrarono che lo stile di Milano differiva dallo stile del resto d'Italia. Se negli anni '60 la gente guardava a Roma, la dolce vita, gli anni '70 erano tutti milanesi.”

Analitica ricerca storiografica per comprendere lo stile della gente comune e non, per ricreare aderenza con la realtà di un certo periodo, comprenderne le abitudini mondane e dunque le occasioni, in cui gli abiti erano indossati.

Ne emerge uno stile anni '70 tutto italiano, o meglio “milanese”, che si differenzia dalle immagini Seventy's straniere, a cui siamo abituati, dove parlano i colori accesi, fantasie optical e floreali, eskimo e jeans a zampa di elefante.

Queste icone non appartengono alla Milano degli aperitivi alla Terrazza Martini o al Bar Basso, che Vallanzasca pare frequentasse nei primi anni '70.

Là esistevano delle vere e proprie leggi in fatto di stile, in cui le donne dovevano preferibilmente indossare i toni del beige e del marrone e avere una pelliccia. Le zeppe erano vietate, come il trucco troppo acceso, che restavano tratti distintivi per professioni “artistiche”.
La parrucca era un must per tutte e non di rado le donne andavano dal parrucchiere per acconciarla in messe in piega rigorosamente cotonate.

Gli abiti del film dovevano parlare questo linguaggio, dividendosi inevitabilmente in vesti glamour per le scene in ambienti di lusso a rappresentare lo sfarzo di alcuni clan malavitosi e vestiti più ordinari per la raffigurazione di periferie degradate.

Nessun attore, tanto meno le comparse, che erano 1500, avrebbero indossato jeans e giubbotti in pelle se non per i pezzi dentro al carcere.

La ricerca di Chiocchi é stata difficilissima, partendo dai fondi di magazzino delle boutique milanesi per poi estendersi per tutta la penisola alla ricerca di capi solo italiani, come Pancaldi, Roberta di Camerino, Loro Piana. Nei negozi vintage sono stati presi accessori Pierre Cardin, Yves Saint Laurent e Dior. Chez Talerie Bonfanti sono stati trovati stock di abiti da uomo e pezzi di tessuto originale con cui sono stati realizzati alcuni dei capi di Kim Rossi Stuart e Paz Vega.

Cura ed eleganza sartoriale per gli abiti di Rossi Stuart in stile antica scuola siciliana di Tonino Sapienza, camicie e maglioni old hand-made. Prediletti i colori del blu e del grigio per risaltare lo sguardo dell'attore e dunque le espressioni da matto nel ruolo di Vallanzasca.

Leggerezza per la scelta del materiale e del taglio dei modelli, tesi a esaltare l'aspetto infantile del protagonista: “i revers sono a lancia larghi ma con le punte molto vicine alle spalle che sono a sella”, eleganti ma scanzonati.

Enzo, il fratello di Vallanzasca, invasato e drogato è il più infantile della banda, che subisce il fascino della moda, pertanto giaccone di pelle lucida e accessori eccentrici come foulard e cravatte di pelliccia, privilegiando colorazioni acide dal verde pistacchio al giallo limone.

Antonella é Paz Vega, all'epoca parrucchiera in via Montenapoleone rappresenta il glamour milanese per eccellenza: sempre e comunque parrucche con tagli diversi e abiti alla moda nelle tonalità dell'arancio, marrone e verde. Molto alla moda, quasi precorritrice dei tempi, quindi necessitava di un tocco londinese con gli stivaloni alti su hot pants e mantella al Bar Basso o abito nero e lamé oro alla Terrazza Martini.

Valeria Solarino interpreta Consuelo, la donna che darà un figlio a Vallanzasca.
Per lei lo stile racconta il percorso di quelle che furono molte donne venute a Milano dal Sud in quell'epoca: lo stile aggressivo iniziale con minigonna in pelle diventa progressivamente più sobrio con gonne e copri abiti a vita alta.
Il ruolo del potente Turatello é interpretato da Scianna. Qui gli abiti vogliono sottolineare l'alto rango sociale, il potere e la classe di chi è “mandante ma non si sporca le mani”così la scelta obbligava eleganza per uno stile quasi aristocratico: ecco un originale abito di Ives Saint Laurent, maglioni in cachemire e cintura Dior.
Se le cravatte contraddistinguono Kim Rossi Stuart, che le aggiusta prima di entrare nella banca da rapinare, come in una riedizione di ladro-gentiluomo, é il foulard a doppio nodo Winsor con fantasie cashemire e calzini coordinati ad esprimere la ricercata raffinatezza del personaggio di Scianna.

Roberto Chiocchi, con i suoi abiti non si limita a contestualizzare temporalmente il film, ma collabora a costruire i personaggi prima che vadano in scena, dando risalto e voce alle peculiarità caratteriali e psicologiche attraverso i tanti e diversi stili cuciti addosso agli attori.
Chiocchi ha dimostrato di saper costruire una storia cinematografica attraverso gli abiti e di girare una pagina di storia del costume italiano attraverso il cinema.

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