giovedì 3 marzo 2011

DEAPHOTO presenta: LEGGERE IL TERRITORIO. Il Progetto fotografico come Analisi del paesaggio urbano contemporaneo. Sandro Bini+Davide Virdis, menti del Workshop si raccontano…


Sono aperte le iscrizioni al workshop LEGGERE IL TERRITORIO: IL PROGETTO FOTOGRAFICO COME ANALISI DEL PAESAGGIO URBANO CONTEMPORANEO, a cura del fotografo Davide Virdis e Deaphoto, che si terrà il 12 ed il 26 marzo a Firenze.

Registrare i cambiamenti del contesto metropolitano attraverso la propria macchina fotografica, proiettare la propria sensibilità a cogliere le geometrie architettoniche di palazzi, osservare angoli di strade apparentemente privi di rilevanza, che risultano, invece, elementi significanti nel contesto.

Sandro Bini, mente e docente di Deaphoto spiega che il coinvolgimento espresso da anni dalla sua scuola per la fotografia del paesaggio, è un atto di “interesse di tipo umanistico e sociale. Imparare a valutare visivamente, fotograficamente il nostro paesaggio significa, cercare di capire quali sono le dinamiche delle trasformazioni in atto e le dinamiche culturali, economiche e sociali, di chi lo abita”.
Il workshop si pone, infatti, l’obiettivo di riflettere e mettere in pratica l’approccio metodologico con cui rapportarsi al luogo dell’indagine, talvolta singola architettura, altre, porzione di tessuto urbano.

Particolare rilievo è dato allo studio del punto di vista del fotografo, che, inconsapevole ed istintuale se non educato, viene “fatto emergere”, al fine di massimizzare le potenzialità creative rivolte all’object e alla costruzione del racconto finale.
Davide Virdis, curatore del seminario, architetto e fotografo, sottolinea quanto la consapevolizzazione del point of view del fotografo sia il passo necessario che determina, poi, la professionalità dell’approccio.

L’esperienza di Virdis mette in risalto quest’aspetto, sentito e vissuto come ricerca personale, come affermano le sue parole, raccontando la propria esperienza: “a tre esami dalla laurea decisi di chiudere il mio percorso di studi, coinvolgendo la fotografia con la quale, fino ad allora, avevo un rapporto esclusivamente passionale. Decisi di proporre, quindi, una tesi che approfondisse il rapporto tra questo linguaggio e la rappresentazione dello spazio.
In quel periodo, in Francia si realizzava il progetto della Datar, a Milano Achille Sacconi e Roberta Valtorta conducevano la realizzazione dell'Archivio dello spazio: si parlava tanto di "progettualità della fotografia, ma non avevo ancora chiaro come il lavoro del fotografo potesse entrare attivamente nel percorso progettuale.
Ammiravo il lavoro di Basilico, mi affascinavano le immagini del gruppo di fotografi che gravitavano intorno a Luigi Ghirri, ma vedevo sempre il loro lavoro come qualcosa di autoreferenziale, e quindi "significativo" in quanto tale!
Volevo però capire se veramente esisteva una strada che potesse definire la dimensione dell'architetto-fotografo: avere cioè con la fotografia un rapporto creativo, fondato sulla soggettività dell'autore, tale da definire la sua ricerca artistica, ma che trovasse le motivazioni del suo essere, all'interno di un vero percorso progettuale.
.......ancora adesso il mio lavoro lo potrei definire come una continua ricerca di questa dimensione progettuale: in che maniera e con che ruolo la fotografia può veramente interagire con il percorso di comprensione del territorio che dovrebbe precedere ogni processo di pianificazione, sviluppo, evoluzione dello stesso?"

Due giorni di workshop, in cui vengono forniti gli strumenti per la ricostruzione fotografica del paesaggio urbano:
il 12 marzo dedicato all’analisi e alla storia della fotografia di genere dalle sue origini ad oggi, ai metodi di costruzione di progetto fotografico con la disamina di alcuni esemplari di progetto del docente. Qui viene effettuata la scelta dei temi di esercitazione e costruzione dei progetti dei partecipanti, che poi svilupperanno in totale autonomia.
Il 26 marzo, la giornata sarà incentrata sulla revisione dei singoli lavori e sull’editing dei progetti, selezionando il materiale fotografico prodotto per giungere alla definizione del portfolio finale degli studenti, a cui verrà consegnato come credit, un attestato di frequenza.
Una selezione dei lavori realizzati durante il workshop saranno pubblicati su una Galleria Immagini dedicata del sito Deaphoto.
Addentrandoci nel capire che cosa significhi esattamente “fotografia del paesaggio urbano”, occorre dirimere alcuni luoghi comuni, che deviano spesso verso una lettura superficiale.

E’ per questo motivo e senza voler arrivare ad una “definizione di genere” costrittiva, che mi domando come un tipo di fotografia, incentrato sull’analisi del paesaggio urbano non rischi di diventare talvolta, una mera ricostruzione documentale dei luoghi, in un senso rigorosamente positivista.

Sandro Bini suggerisce come “questo genere di fotografia può essere alla stesso tempo documentativa e interpretativa. La parzialità e la frammentarietà della visione fotografica evidenzia sempre una relazione aperta: quella del fotografo con l'oggetto della sua analisi e quella del fruitore dell'immagine con lo spazio rappresentato. Il fotografo di Territorio, se adeguatamente preparato, si configura come un autore sempre in dialogo con gli altri "saperi" (geografia, urbanistica, architettura, filosofia, arte) che lavora con metodologie in genere rigorose, ma capaci di dare una lettura critica dello spazio.”

Anche Davide Virdis si oppone allo stereotipo positivista, sottolineando con vigore la caratteristica qualitativa dello sguardo di ognuno di noi “…la qualità della vita dipende fondamentalmente dalla percezione che noi abbiamo di ciò che ci circonda, del mondo in cui viviamo.
Fotografare un territorio vuole dire confrontarsi intimamente con esso per cercare di capirlo.”

Citando Robert Adams potremmo dire che “ogni fotografia deve essere il risultato di una questione personale tra l'autore e il paesaggio fotografato, altrimenti il risultato non potrebbe che essere banale, privo di quella emozionalità capace di arricchire la percezione diretta di quel luogo, generata, oltre che dalla vista, dalla coralità di tutti e 5 i sensi.”

Per Virdis è possibile parlare di fotografia documentale, quando la fotografia per rappresentare una situazione, si prefigge di dare delle risposte univoche sui soggetti riprodotti, assumendo una funzione dimostrativa, secondo un canone interpretativo pre-stabilito.
“…Forse, invece, la progettualità sta proprio nel confrontarsi, nel dichiarare il proprio punto di vista e con esso indurre all'approfondimento, contribuire alla comprensione dei fenomeni che rappresentano le dinamiche di un territorio.Ogni immagine deve essere una provocazione, deve obbligare l'osservatore a prendere una posizione, a costruire il "suo" punto di vista!”

Reportages di luoghi ed elementi architettonici ci suggeriscono la ricerca della dimensione invisibile, propria della dimensione artistica. Il fotografare, ciò che sta dietro alla visione ottica, traccia le linee guida della percezione dell’individuo, assumendo lo status di indagine sull’essere umano.
Esistono delle similitudini con l’attività ed il concept delle sequenze di immagini, perseguiti dal National Geographic?

Secondo l’ attenta osservazione del fotografo S. Bini, quella del NG tende a connotarsi come “…una fotografia più umanistica, che di lettura del paesaggio, di taglio più antropologico-sociale, che di analisi territoriale.”
Il ruolo dell’ESOTICO sta in primo piano e fa “della figura umana il suo campo di azione privilegiato, mentre la fotografia di analisi territoriale si occupa sopratutto del paesaggio urbano e antropizzato, spesso in assenza della figura umana. Una fotografia ben confezionata e altamente professionale, quella del NG, ma dal taglio decisamente più spettacolare e popolare, in cui anche i criteri estetici e formali, come l’utilizzo marcato del colore in fase di post-produzione, si adeguano a tale modello culturale.”
La lettura fotografica del paesaggio si connota, dunque, come l’esplorazione “dei non-luoghi attraverso i luoghi” del territorio, icone o archetipi dell’esistere umano. Che rapporto c’è tra realtà e immaginario?

Virdis ci induce ad immaginare la situazione di “…lavorare con il banco ottico”ciò “vuole dire considerare ogni immagine come il risultato di un atto meditativo. Il tempo dello scatto ha infatti un "preliminare" che può durare da pochi minuti a diversi quarti d'ora.”
L’atto creativo, il momento del sogno “è quella tensione che mette in gioco la tua stessa individualità, che ti permette di non cadere nell'esercizio di stile, nell'atto formale e compositivo fine a se stesso.”

In definitiva dove risiede la matrice onirica e sognante?

“.. semplicemente nel suo "mistero", in quello che le fotografia non dice espressamente ed in maniera diretta, ovvero nel libero spazio interpretativo, che è in grado di offrire al suo fruitore, e questo al di là del genere e del soggetto della ricerca” (S. Bini)

Sede del Workshop: Centro Giovani Gavinuppia Via G. Bretagna, 48 Firenze
Informazioni e Prescrizioni: tel. 055 0517721 – cell. 338 8572459
www.deaphoto.it – deaphoto@tin.










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