venerdì 31 dicembre 2010

Kristallwelten: il brillante mondo delle favole di Swarovsky

quando un'idea innovativa diventa design, quando le favole si materializzano in architettura.
Un nome...non solo gioielli.

Boemia 1892: Daniel Swarovsky brevetta un macchinario per il taglio del cristallo che permette la realizzazione di sfaccettature precise e nette sulla superficie di una pietra da sempre riservata all'artigianalità dell'intaglio manuale.

Innovazione che non solo preservava la struttura microscopica del materiale, ma permetteva anche una perfetta lavorazione su pezzi di piccolissime dimensioni.

A breve l'apertura dello stabilimento nella cittadina austriaca di Wattens, l'inaugurazione di una centrale idroelettrica, le risorse minerarie circostanti, permisero l'affermazione della casa Swarovsky in tutto il mondo.
Che cos'é Swarovsky?

E' prima di tutto, un cristallo, il cui segreto racchiuso in una formula, gelosamente custodita dai proprietari, di cui si conosce soltanto la percentuale di vetro e piombo del 30%.
Oggi?

Un grande marchio che poggia sulla qualità di una tradizione secolare, aperta al cambiamento e a creare sinergie con altri settori.

In una frase: cosa sarebbe oggi la grande azienda austriaca senza il DESIGN?

Non possiamo rispondere, ma sicuramente dire che il tratto distintivo dei manufatti Swarovsky é la continua ricerca, capace di creare nuove linee di prodotti, sperimentazioni del cristallo e un connubio inscindibile con l'ARTE ed i suoi protagonisti.



Arrivati a Wattens ci sorprende una grande rotonda sormontata da una stella enorme, luccicante dai riflessi oro-argentei, che si stagliano immobili sul blu notturno.

Giriamo a destra ed una distesa di neve circondata dalle Alpi, adiacente ad un grande stabilimento, riflette dalle vetrate una miriade di piccoli abeti decorati con cristalli blu o oro: benvenuti al museo Swarovsky.



Dopo essere passati sotto ad una copertura a forma di vela, dove i cartelli avvertono di essere arrivati all’interno della Settima Meraviglia del Mondo, siamo bruscamente catalizzati da un’immagine:

una breve salita innevata, di fronte a noi un lago ghiacciato si apre, sormontato da un’enorme testa di gigante, dagli occhi di cristallo luminescenti, che sputa acqua ghiacciata.



Ne siamo inghiottiti. Eccoci letteralmente carpiti dai Kristallwelten (mondi d cristallo).



Intimiditi, ci guardiamo attorno e ai lati delle varie sale e corridoi pareti trasversali, oblique riempite totalmente di una miriade di cristalli Swarovsky, immerse in un colore blu oceano che con il suo movimento centripeto induce ad interiorizzare.



La prima sala, progettata da André Heller, ci catapulta nella duplice dimensione dell’immensamente piccolo e dell’infinitamente grande, racchiudendo in una teca la perfetta geometria delle forme del cristallo Swarovsky più grande e più piccolo del mondo.



Opere quali la croce nera “Aida” di Keith Haring, “Nanas”, figura femminile arcaica a tutto tondo che sorregge una palla di cristallo di Niki De Saint-Phalle, Andy Warhol e il ricordo della perdita della memoria di “Verrinnende Zeit” per Dalì, composti con applicazioni di cristalli.



Un cavallo imbizzarrito imprigionato in una gabbia di cristallo, i cui ornamenti cosparsi di cristalli finemente cuciti, venne interamente disegnato da Swarovsky stesso per un Re indiano.



Viviamo poco dopo il vortice del Mechanical Theatre di Jim Whiting, un esempio di Puppentheater biomorfo,

rappresentante la follia dell’alienazione dell’individuo nella società moderna, in cui si assiste al teatrino degli orrori, dove seriali camicie bianche, ricamate con i cristalli scendono dal soffitto o ingabbiate in una prigione, metafora di vita basata sul produrre capitalistico, si innalzano diventando una colonna umana che si ribella furiosa.



André Heller, Brian Eno, Susanne Schmoegner ci conducono in Kristalldom.

Una sala- abside, in cui lo spettatore vive la straordinaria esperienza percettiva di essere all’interno di un caleidoscopio al contrario, immersi in una cupola di una cattedrale, le cui pareti sono tappezzate da infinite

Sfaccettature di cristalli. Luci soffuse che mutano colore e suoni elettronici del silenzio, riflettono l’immagine degli spettatori, traslate in infinite proiezioni di se stessi.

L’opera si tinge di esoterico, al momento in cui, illuminata rivela cosa nascondono gli specchi: tante nicchie ospitanti sculture, simboli a evocare la sacralità del tempio, luogo spirituale e dalla perfetta resa acustica.



Proseguendo ci troviamo a calpestare un pavimento di cristalli scricchiolanti che si illuminano nella fiction della loro rottura per arrivare alla sala delle miniature.



Qui il gruppo di artisti russi Blue Noses, interpretano in chiave satirica attraverso dei plastici in cristallo quattro tra le opere dell'architettura mondiale più famose come Taj Mahal di Agra, la piramide di Cheope a Giza, l’Empire State Building di New York ed il mausoleo di Lenin a Mosca, inserendo al loro interno dei video ironici. Proseguendo video-proiezioni delle architetture su pannelli obliqui costellati di cristalli Swarovsky.



Queste e molte altre opere presenti in mostra continuano a testimoniare quanto l'unione di sinergie tra un prodotto raffinato e di estrema qualità, quale il cristallo Swarovsky, e la genialità del design e dell'arte crei risultati altissimi, oltrepassando i confini dell'immaginazione.

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