lunedì 13 settembre 2010

Il Giardino delle Vergini all’Arsenale: Piet Oudolf e la mimesi perenne

Piet Oudolf, noto paesaggista olandese, fondatore del movimento New Perennial, è stato insignito della menzione d’onore dalla giuria della 12.Biennale di Architettura di Venezia per il suo progetto realizzato agli spazi dell’Arsenale.

“In risposta al primo medico del pronto soccorso che nel visitarla in seguito al suo tentato suicidio le dice di non avere ancora l'età per capire quanto diventi complicata la vita.”
dal film "Il giardino delle vergini suicide" di Sofia Coppola.
Analogia nel titolo tra le due opere, “Il Giardino delle Vergini” di Oudolf, e “Il giardino delle vergini suicide” film di Sofia Coppola, ma non solo: il rimando alla purezza di un’età verde e ingenua è inequivocabile.

“…non avere ancora l'età per capire quanto diventi complicata la vita” e ricorrere a stroncarla per non abbandonare quel senso di infinito, di umano istante immobile destinato a trasformarsi con lo sviluppo o decidere di catturare la vita incastonandola nel perenne, progettando giardini.
Questo il concept che sta dietro all’opera del paesaggista nord-europeo, che ha voluto creare per contrasto agli edifici industriali dei cantieri navali e dei magazzini marittimi, un angolo di verde che accogliesse lo sguardo del passante nella prospettiva del sito.

L’opera è stata definita delicata e impressionistica nella sua orchestrazione: l’ampio giardino si sviluppa al centro di una folta vegetazione selvatica, che è stata volutamente lasciata e disegna perfette geometrie tramite l’impiego di piante perenni dalla tarda fioritura.

Il disegno si sviluppa attraverso l’attento accostamento di fiori, foglie e steli, la cui forma e colore,
influenzano l’anatomia dinamica di un luogo, teso a regalare un momento di riposo e a invitare all’incontro (chiaro rimando al tema della Biennale 2010 “People meet the people”).

Piet Oudolf è riconosciuto come uno dei più geniali ed innovativi paesaggisti contemporanei, attento all’estetica del progetto, ama i contrasti tra le forme che rappresenta, costruiti attraverso una quasi maniacale attenzione all’accostamento di curve e linee date dal verde, inserito in contesti di architetture volumetriche contemporanee.

Viene definito “un naturalista” per la propensione all’utilizzo di piante erbacee selvatiche, quasi a voler nascondere la razionalità del progetto giardino, che inevitabilmente incombe.

Ormai lontani dalla descrizione di Goethe nelle “Affinità elettive”, in cui venivano decretati i due opposti paesaggi per antonomasia, il giardino all’italiana dalle forme nette e pulite e il giardino romantico, in cui la natura si propone a volte incolta e selvaggia, Oudolf pare percorrere una strada personale.

Non si limita a dare attenzione alla forma degli steli o ai colori come nella tradizione De Stijl degli anni ’20, ma gioca con la luce e le sfumature, inserisce piante tenendo conto del ciclo di fioritura e evita il più possibile di modificare l’orografia del sito, tralasciando quando possibile la creazione di sistemi di irrigazione.

Ecologia, sostenibilità sono temi che sono alla base della sua filosofia del progettare, rintracciabili nel contrastare l’impatto dominante della mano umana sulla natura, che a suo avviso non smette di sorprendere se lasciata a se stessa.

La cura degli esterni è, per Oudolf , la spontanea conseguenza di un sapiente ordine, deciso inizialmente.

Ecco che il c.d. green grass dei suoi giardini è realizzato con la tecnica del mixed herbaceous borders, in cui vengono previste erbe di diverso seme per privilegiare la naturalezza dell’impatto.

L’utilizzo di questa tecnica spiega lo spiccato desiderio di creare delle bordure belle anche nei freddi inverni nordici, di facile manutenzione dunque e di sicuro effetto.

Nei suoi lavori più recenti ha continuato in questa direzione, ma privilegia l’impiego di graminacee “en masse”che fanno da tessuto primario, dove va ad inserire nuvole di piante perenni dall’aspetto leggero, resistente e dai toni che vanno dal rosa al viola, come la Knautia, la Scabiosa o i Veronicastrum americani.

Si occupa per primo della rigorosa selezione delle varietà delle erbacee perenni, all’interno del suo giardino -laboratorio a Hummelo, in Olanda, dove qui architettura paesaggistica diventa assenza di soluzione di continuità tra il progetto e ciò che cresce in modo autoctono.

Il risultato ultimo che ottiene è una sapiente scenografia, una mimesi progettuale all’interno della natura, dove la vita è perenne e rigogliosa in ogni stagione.

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