lunedì 13 settembre 2010

Arsenale 2010/ Smiljan Radic + Marcela Correa: casa di pietra o mito della caverna?

Venezia, la 12.Biennale di Architettura non smette mai di stupire:
il duo cileno, formato dall’architetto Smiljan Radic e dalla scultrice, Marcela Correa presenta
il loro progetto di Casa Pietra al foyer dell’Arsenale.

All’entrata del grande spazio dell’Arsenale, un’enorme scultura in pietra domina lo sguardo dei visitatori.

Da lontano pare un pendolo traverso, quasi a voler evocare un fermo immagine sulla linea temporale, che inesorabilmente continua a correre.

Avvicinandosi, si nota che il masso di granito cela una profonda cavità, addolcita da un rivestimento in cedro.
La curiosa installazione si fa icona di una poetica minimale e simbolica con il preciso intento di ricordare il significato primo di casa, sottolineandone la funzione di rifugio.


Radic e Correa , da sempre tesi a rappresentare i valori primari della cultura indigena cilena, descrivono il progetto-provocazione come un invito rivolto all’umanità a non perdere la speranza di fronte a eventi catastrofici e tragici, quali il terremoto cileno del 27 febbraio 2010.
Per realizzare la scultura, vera e propria casa di pietra, la scelta di materiali ruvidi e naturali non è stata casuale.

Da un lato é omaggio alla storia dell’architettura cilena, abituata a confrontarsi con le regole dettate dal territorio, fatto di contrasti forti, quali il grigio della roccia ispida, il verde acceso degli ampi e piatti altipiani a picco sul blu del mare.

Il progetto non si ferma, tuttavia, al voler suscitare la perdita di orientamento, la paura, archetipica reazione emozionale dell’uomo di fronte alla durezza della natura, simboleggiata dalla forza del granito e del legno scalfito, inseriti in una struttura arcaica e ferma in una posizione precaria e provvisoria, quanto fragile.
Questa apparente durezza nell’evidenziare l’estrema caducità della condizione umana, esplicita per contrasto come fragilità non sia forzatamente qualità negativa, ma conferma della dimensione dell’esitere, nonostante tutto.

L’installazione, dunque, testimone di vita, che per quanto precaria, soverchiante, “urla” di esistere.
Il concept di Radic+Correa trova ispirazione nella favola dei Fratelli Grimm, La Lepre di mare:

invita lo spettatore ad entrare all’interno della casa pietra, aprendosi ad una dimensione di fantasia e a liberarsi della condizione subordinata al contingente.
Lo spazio interno, adatto per una sola persona, induce alla riflessione, mentre una finestra aperta, permette un “ritrovato” sguardo sul mondo.

La favola dei Fratelli Grimm ambientata in un castello magico dalle dodici finestre, porta ad un istruttivo lieto fine, raccontando come la qualità del non arrendersi vince sull’arroganza, aprendo uno spiraglio alla dimensione della speranza non abbandonata e premiata dalla capacità di adattamento dell’essere umano.

Dalle favole al mito il passo è breve e Casa pietra, sinonimo di caverna, induce ad interrogarsi se non sussista un’altra implicita e archetipica citazione: il mito della caverna di Platone.
L’uomo, liberato dalle catene, uscito nel mondo, torna nella caverna e cerca di far comprendere agli altri uomini, come la conoscenza della realtà sia relativa e che le cognizioni da loro apprese, non siano altro che menzogne.

Nessuno capisce il messaggio dell’impavido, nessuno ha il coraggio di provare ciò che l’individuo sostiene, tutti hanno paura di conoscere la verità, i più preferiscono la prigionia delle menti di una conoscenza indotta, che affrontare il fardello del mettere in dubbio i pilastri su cui la loro esistenza è basata e da essi assume un senso.

La solitudine dell’individuo, che ricerca la verità si traduce in forza ed è ciò che il visitatore dovrebbe capire, entrando nell’installazione di Radic e Correa.

Una casa pietra per ricominciare a pensare, una volta che, entrati scevri dalle proprie abitudini, tornati allo stato primitivo, ci si rivolga alla finestra e si getti il primo sguardo sul mondo, con la ritrovata consapevolezza della forza dell’esistenza-nonostante-tutto.

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